Thursday, February 21, 2013

Un matrimonio a Islamabad

A grande richiesta, una breve cronaca della mia gita in Pakistan. Non c'è speranza di concentrare cinque giorni di frenesia in un solo post quindi cominciamo dal matrimonio, il casus belli che ci ha portati a organizzare un viaggio in una delle destinazioni meno turistiche del mondo.

Spalmato su 3 giorni di ricevimenti serali intervallati da brunch, pranzo, merenda e, in generale, un pasto ogni 90 minuti, il matrimonio è iniziato così:

La casa dello sposo, raduno pre-ricevimento   
La gara di danze bollywoodiane tra gli amici dello sposo (qui in turchese) e quelli della sposa (in fuxia e nero)
Foto di fruppo con la sposa. Notare il palchetto e i divani.

Giorno II: con lo sposo e un bambino-parente. Ghirlande di fiori per tutti!

Giorno II: Gli Sposi
Giorno II: i bambini vestiti da personaggi dei tempi dell'Impero coloniale britannico.

Giorno III: con Emily e la Sposa

Giorno III, il taglio della torta
 I vestiti! Le pettinature! Il make up da travesto! Saranno forse troppi anni che vivo fuori dall'elegante Europa ma questo - per me - è lo stile definitivo.

Nella prossima puntata, il resto delle nostre attività pakistane: udienze alla Corte Suprema, uso massiccio del room service (si parla di alcool ovviamente), tentativi maldestri di imparare l'Urdu, gite in collina e in montagna, misure di sicurezza/scorta perenne di polizia e altre varie ed eventuali.

Wednesday, February 20, 2013

Freezing Omanis

Sono tornata sana, salva e molto contenta dalla mia trasferta pakistana. Prima di ammorbarvi con milioni di foto ridicole, una breve comunicazione di servizio.

La blogosfera omanita e' in fervida attesa. Domani mattina i "Freezing Omanis", due omaniti in partenza per l'Antartide nel quadro di una campagna di sensibilizzazione per la protezione dell'ambiente, hanno organizzato una riunione di blogstars locali in un mega-freezer a temperature polari. Interverranno, tra gli altri,  Andy in Oman e Maurizio di Oman Collective Intelligence.

I due record che si propongono di battere sono:

1. Most amount of bloggers in a freezer
2. Coldest Tweet Up
Il tutto e' per una buona causa e i Freezing Omanis sono un sacco divertenti quindi mi unisco all'attivita' generale e vi invito ad interagire con i congelandi. Le istruzioni le trovate ai vari link che ho postato. (#TweeterInAFreezer)

Dal blog di Penguin e Snowflake

Wednesday, February 13, 2013

Chalo!

Inshallah tra tre ore sarò su un aereo diretto in Pakistan. E' ora di invaligiare i vestiti oro-pavone e 200 braccialetti coi campanelli. A presto!


Domani sera sono qua: una cosa sobria ed elegante al contempo.
 

Voi ne capite di vela? Io no.

Essere assolutamente incapace di fare qualcosa, d'altronde, non mi hai mai impedito di imporre la mia incompetente e rumorosa presenza a gente ben più esperta e interessata. 

A fine gennaio è arrivato a Muscat il carrozzone del RC44. Barche, russi abbienti, russe meno abbienti, hospitality yachts e amenità assortite. Quel che non ci si aspettava è che sarebbe apparso un Team Italia che manda affanculo il concetto dei 6 gradi di separazione: il gruppo includeva un compagno di liceo della mia compagna di banco del Master, il fratello di una mia compagna di liceo, il figlio di un amico di un amico che sta a Muscat (di un collega, di un cugino, del macellaio, del parroco del paese di campagna dove ha la casa la suocera del vicino di casa, non so, ad un certo punto ho perso il filo). Al solito l'incontro iper-Carramba tra la comunità italica emigrata e i visitatori dalla patria lontana è degenerato a velocità insensata in una serie infinita di aperitivi, cene e (Cate, per te) apericene.

Bevendo, chiaccherando, comprando abiti da omanita per i siculi col physique du role (perdonate l'assenza di accenti) e bevendo un altro po', arriva l'invito definitivo: dai che domani proviamo la barca. E chi sono io per dire di no? La barca è questa.

Io sono la terza da sinistra. Invidiatemi tantissimo.
Il prestigioso equipaggio constava di due velisti veri, lo chef della squadra (vittima di un tragico incidente col boma, in parte addebitabile a me, e con la faccia coperta di sangue prima ancora di essere usciti dal porto), 2 o 3 ospiti con vari gradi di cognizione di causa e, per finire, 2 o 3 ospiti/zavorre inutili - se non dannose. Notate la fine diplomazia delle numerazioni variabili. 

Chapeau ai due "velisti veri" per la pazienza. Manovra-tipo:

"Gente, ora viriamo. Mettete via le macchine fotografiche, tu fai questo, tu fai quello, tu stai dove sei per carità, voi due sceme, forza e girate. Appena virato, tutti dall'altro lato, possibilmente senza cadere in mare".

Ad ogni modo la lentezza e scarsa agilità del tutto ha poi attirato in mare altre barche - secondo me curiose di vedere che gente aveva messo in mare il Team Italia.
Questo lavoro non lo dovrebbe fare un energumeno? E poi, da che parte hanno detto che dobbiamo girare? Ma quanti metri di vela mancano? Continuiamo?
Pomeriggio spassosissimo, grazie ancora ai ragazzi. E grazie anche dell'invito sull'Hospitality Yacht per seguire la regata (a parte la faccia ustionata e un principio di intossicazione alcolica, è stato proprio figo) e della cena al Golf Club.

Grazie di tutto e a presto, Inshallah, però sappiate che l'uscita in barca sarà per sempre il mio momento Barambani.


Sunday, February 10, 2013

Wish List

Allontaniamo i funesti presagi e la cupezza dell'ultimo post con il mio nuovo, inutile, pacchiano e stupidissimo oggetto del desiderio. Su Alatoolmuscat.com, il Groupon omaniano, vedo da giorni un'offerta per queste carte da giuoco placcate oro 24 carati. 

Pokerino?
Lo so, sono oscene. Tuttavia non riesco a smettere di guardarle. 34 cretini le hanno gia' acquistate, forse potrei essere la trentacinquesima. 

Si sta come d'autunno...

sugli alberi le foglie. Oppure Morte nel Pomeriggio. O altro titolo triste/lugubre. Giovedi a ora di pranzo, tornando a casa, noto due inglesi (per comodita' tutti i personaggi di questa vicenda sono "britannici" anche se potrebbero benissimo essere cittadini di altro paese di lingua inglese). Sostano con aria preoccupata parlottando a bassa voce nel corridoio del palazzo, appoggiati al muro accanto alla porta del mio vicino. Entro nel mio appartamento ma, rapidamente, il brusio nel corridoio cresce. Si aggiungono voci e accenti. Riconosco un paio di indiani, l'onnipresente omanita che s'impiccia, altri inglesi. Lotto con la curiosita'. Praticamente mi incateno sul divano ripetendomi che non sono fatti miei. Nell'esatto momento in cui cedo e incollo l'occhio allo spioncino, mi passa davanti una divisa marrone. La polizia. 

"This is the straw that broke the camel's back" - perche' la goccia che fa traboccare il vaso un po' ha scocciato ed e' tempo di adottare nuove frasi fatte.

Se la polizia occupa il corridoio fuori dalla mia porta tenendo a bada una folla che ormai include 3 o 4 inglesi, 3 omaniti in turbante, gli indianetti della manutenzione e chissa' chi altro, io DEVO uscire a vedere. Raccatto chiavi e portafogli per dare una vaga aria di legittimita' alla mia sortita e mi avvio, passando in mezzo al gruppo che si e' disposto a semicerchio intorno alla porta - aperta - del vicino. Seguo un poliziotto verso l'ascensore e, appena la porta si chiude e siamo soli, lo interrogo sulla vicenda (so che, in teoria, dovrebbe essere il contrario). 

"What Happened?" 

"Somebody dead".

Silenzio.

Come si dica "Ritenete sia deceduto per cause naturali?" al corso base di arabo non te lo insegnano. L'inglese del rappresentante delle forze dell'ordine e' quello che e' quindi opto per un basico "Was he sick?". "Yes" e' la risposta. Ci separiamo e passeggio 5 minuti a vuoto nel parcheggio. Rientro. Sono ancora tutti nel corridoio. Parlano. Telefonano complusivamente. Origlio. Raccolgo pezzi di informazione. Mi intristisco. Cerco di visualizzare la faccia del vicino con cui non ho mai parlato al di la' del solito "Hellohowareyou?" che da queste parti e' una parola sola. Non lo ricordo se non molto vagamente, uno dei tanti inglesi attempati con la camicia a maniche corte.

Alla fine del pomeriggio so che questo signore non si e' presentato al lavoro il martedi mattina. Dev'essere morto lunedi notte e fino al giovedi nessuno se n'e' curato. Inizio a chiedermi quanto ci metterebbero a scoprire il mio cadavere se morissi improvvisamente, da sola nel mio appartamento e chi sarebbe a dare l'allarme. Nel corso del weekend, questo diventa il principale argomento di conversazione di gruppo funestando un apericena a base di porco importato dal Mondo Vero.

Ci si rassicura a vicenda. "Se non rispondi a un SMS entro 6 ore mi preoccupo ma se e' fine settimana no che magari sei in campeggio e non c'e' campo". "Domattina ti scrivo per vedere se sei vivo". "Nel mio ufficio non sanno nemmeno dove abito, forse e' il caso di dirglielo". "Il momento peggiore e' il mercoledi sera, fino al sabato non se ne accorge nessuno".

Sono brutte cose.