Meeting Room 3.
E' un giorno qualunque e un appuntamento qualunque con un cliente qualunque.
Un distinto signore in completo grigio mi espone la sua intenzione di stabilire una societa' a responsabilita' limitata in Oman. Io annuisco e inizio la consueta spiegazione. Dove, come, quando, quanto (e soprattutto perche'...).
Nelle more del processo si insinua un momento di conversazione generica.
Io: "Ma Lei di dov'e' originariamente?"
Cliente: "Io sono un Assiro."
Io: - Occhi sbarrati, sguardo vacuo -
Cliente: "Ha mai sentito parlare degli assiri?"
Io: "Ehm, si, a scuola. Capitale dell'Impero Ninive, Re Assurbanipal, l'Epopea di Gilgamesh (il poema epico piu' cretino mai scritto, ricordatemi di parlarvene. Il Saggio Utnapishtim e' un personaggio inarrivabile. Ammetto senza riserve che ricordarne l'esistenza a 20 anni dalla fine del Ginnasio e' un chiaro indizio del mio squilibrio mentale).
Qui la conversazione prende una piega surreale.
Cliente: (molto colpito dallo sfoggio di nozioni raccogliticce ed esposte a c*zzo) "Dica la verita' avvocato, Lei ci credeva estinti!"
Io: (cosa rispondi a una domanda del genere?) "Non mi ero mai posta il problema della fine dell'Impero Assiro, ad ogni modo mi rallegro che siate ancora in circolazione."
La verita' pero' e' che mi aspettavo un look un po' diverso, una cosa un po'...piu' mesopotamica!
E' un giorno qualunque e un appuntamento qualunque con un cliente qualunque.
Un distinto signore in completo grigio mi espone la sua intenzione di stabilire una societa' a responsabilita' limitata in Oman. Io annuisco e inizio la consueta spiegazione. Dove, come, quando, quanto (e soprattutto perche'...).
Nelle more del processo si insinua un momento di conversazione generica.
Io: "Ma Lei di dov'e' originariamente?"
Cliente: "Io sono un Assiro."
Io: - Occhi sbarrati, sguardo vacuo -
Cliente: "Ha mai sentito parlare degli assiri?"
Io: "Ehm, si, a scuola. Capitale dell'Impero Ninive, Re Assurbanipal, l'Epopea di Gilgamesh (il poema epico piu' cretino mai scritto, ricordatemi di parlarvene. Il Saggio Utnapishtim e' un personaggio inarrivabile. Ammetto senza riserve che ricordarne l'esistenza a 20 anni dalla fine del Ginnasio e' un chiaro indizio del mio squilibrio mentale).
Qui la conversazione prende una piega surreale.
Cliente: (molto colpito dallo sfoggio di nozioni raccogliticce ed esposte a c*zzo) "Dica la verita' avvocato, Lei ci credeva estinti!"
Io: (cosa rispondi a una domanda del genere?) "Non mi ero mai posta il problema della fine dell'Impero Assiro, ad ogni modo mi rallegro che siate ancora in circolazione."
La verita' pero' e' che mi aspettavo un look un po' diverso, una cosa un po'...piu' mesopotamica!
Su Wikipedia, dove ho rubato la "foto del mio cliente in abiti tradizionali" che vedete qui sopra, ho trovato degli estratti esilaranti delle "Storie" di Erodoto. Eleggo gli Assiri argomento del giorno. Godetevi passi scelti sulla "Prostituzione Sacra" e sulla "Cura dei Malati".
« Ogni donna di quel paese deve sedere nel tempio di Afrodite una volta nella sua vita e fare l'amore con uno straniero. Nel recinto sacro di Afrodite siedono in molte con una corona di corda intorno alla testa (???), gli stranieri entrano e fanno la loro scelta. Una donna che si sia lì seduta non se ne torna a casa se prima uno straniero qualsiasi non le ha gettato in grembo del denaro e non ha fatto l'amore con lei all'interno del tempio; gettando il denaro deve pronunciare una formula: "Invoco la dea Militta". Con il nome di Militta gli Assiri chiamano Afrodite. L'ammontare pecuniario è quello che è e non sarà rifiutato: non è lecito perché tale denaro diventa sacro. La donna segue il primo che glielo getti e non respinge nessuno. Dopo aver fatto l'amore, e aver soddisfatto così la dea, fa ritorno a casa e da questo momento non le si potrà offrire tanto da poterla possedere. Le donne avvenenti e di alta statura se ne vanno rapidamente, ma quelle brutte rimangono lì molto tempo senza poter adempiere l'usanza; e alcune rimangono ad aspettare persino per tre o quattro anni. » | |
(Erodoto, Le storie, I, 199.) |
« Non avendo medici, portano sulla pubblica piazza i loro infermi. Chi si avvicina al malato esprime un parere sulla sua malattia, se per caso ha avuto gli stessi sintomi o se ha saputo di qualcuno che li abbia avuti. Dunque si accostano per dar consigli e ciascuno esorta a fare ciò che lui stesso ha fatto o visto fare a un altro per guarire da una analoga affezione. Non è consentito passare oltre in silenzio senza chiedere all'infermo di quale malattia soffra. » | |
( Erodoto, Le storie, I, 197.) |
2 comments:
beh, considera che normalmente gli iraniani che non vanno molto fieri del loro regime (converrai che ahmadinejad è peggio di gilgamesh) si definiscono persiani...
m.a.
Sfondi una porta aperta. Avendo un numero immenso di clienti perso/iraniani e un rapporto complesso con il loro modo di gestire gli affari, sogno spesso di scagliarne uno dalla finestra a calci in pancia urlando a squarciagola "QUESTA E' SPARTAAAAAAAA!!!"
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